Nel corso dell’attuale XVIII legislatura (iniziata nel 2018) i cambi di gruppo dei parlamentari sono stati complessivamente 274 (quasi il 30%). Di questi, 126 sono avvenuti nel corso del 2021, con la nascita del governo Draghi. E la legislatura non è ancora finita.
Le forze politiche maggiormente danneggiate dal fenomeno sono state Movimento 5 stelle e Forza Italia.
È un fenomeno alquanto vergognoso, strettamente legato al fatto che deputati e senatori esercitano la loro funzione senza alcun vincolo di mandato. È la Costituzione che glielo permette.
Un cittadino vota un parlamentare che appartiene a un determinato partito (oppure vota esclusivamente il partito) e, nel corso della legislatura, o l’eletto cambia partito o il partito si scioglie e confluisce in altra coalizione o assume una nuova denominazione, ponendosi nuovi obiettivi.
Poi ci lamentiamo che oltre il 30% degli elettori non va più a votare. A questo punto è stato più che giusto che nel referendum costituzionale del 2020 i cittadini abbiano deciso che a partire dalla prossima legislatura i deputati siano ridotti a 400 e i senatori a 200. Almeno in qualche maniera dovevano essere penalizzati.